Relativo e contestuale

 

Ciao Papo,
ho iniziato a rispondere a chi mi ha scritto, mosso dal Casino mediatico di questi giorni, mesi fa non ce l’avrei fatta a rispondere. A chi mi fa i complimenti dico: “Grazie, faccio solo quello che devo”. Un cenno d’affetto mi sembra doveroso verso chi ci accorda il suo apprezzamento e sostegno. Sostegno de che? Legge perché è interessato a leggere. Se qualcuno vuol essere di sostegno viene a casa e lo mettiamo a spingere contro il muro per sostenerci e la sua resa in proporzione al nostro stato d’animo è la stessa. Apprezzamento, uno scambio alla pari: io scrivo, tu leggi, sostegno non c’è sostegno. A chi mi scrive i suoi dolori vorrei dirgli che bastano e avanzano i miei. Io mi sto curando scrivendo per stare insieme a te. Mi ci son messo dalle sei del mattino a mezzogiorno e un paio d’ore al pomeriggio, una giornata lavorativa per rispondere a una decina di persone. Non ha senso. E’ un lavoraccio faticoso e doloroso rispondere. Cosa rispondo poi? Non ho soluzioni, non ho cure, non ho strategie o meglio, le sto mettendo in atto ma sono le mie, in relazione al mio carattere e al mio modo di fare. Per un’altra persona diversa da me possono risultare incongruenti, inutili, fallimentari.
Sta finendo la domenica, sta finendo la settimana per iniziarne una nuova. Un perpetuo loop di inizio e fine, inizio e fine. Fine e inizio tracciano una continuità che a ben guardare non ha né inizio né fine.
Papo, ti ricordi il sapore della domenica? Lasagna o pasta, tagliatelle coi funghi, o fusilli al tonno con sugo, o maccheroni al ragù, trofie al pesto, spaghetti alla carbonara. La domenica era relax o via in camper o pranzare tutti insieme in famiglia, come oggi con cuginetti, zii e nonni. Te lo ricordi com’era stare tutti insieme? La domenica, come tutto il resto dei giorni, è la stessa cosa di prima, solo che è senza di te. Se non ti pensiamo stiamo meglio. Se ti pensiamo è avvilente, desolante, rabbioso, triste. Prima, dopo, con, senza, non c’è paragone, non regge il confronto. La determinazione di un prima e di un con in rapporto ad un dopo e senza toglie troppo gusto al dopo che è oggi ed il resto dei nostri giorni terreni. Nella nostra situazione è proprio il mettere in relazione l’errore. Ma fare raffronti e proporzioni è insito nell’esperienza umana. Una cosa è bella se ne esiste una brutta cui metterla a confronto. E’ disumano non mettere in relazione e fare proporzioni. Forse in balia di dolori così grandi si diventa medi, freddi, asettici, cinici anche per questo. Per difesa, perché ci si deve proteggere dal confronto e ancor di più dagli spietati concetti assoluti. Oggi feisuk mi rispolvera questi concetti relativi:

Aggiornamento dal “Lebrosario Vaniglia”:
Mamma Morbidezze ha febbre e bronchite;
Figlio Papo ha febbre e mal di fronte;
Figlia Totta, “dulcium et fundis” (latino maccheronico ndr) ha febbre, scarlattina e cadendo dal letto s’è pure fratturata la clavicola sinistra.
Morale: La sfiga momentanea passa a farti visita per ricordarti quanta fortuna hai normalmente tutto il resto dei giorni!
Che se non la prendi così, fai meglio a lanciarti a tutto fuoco, bendato, contromano in autostrada nell’ora di punta!

…le Maratone più dure si affrontano senza scarpe da runner, senza completino in tinta, senza vaselina e soprattutto senza correre… questo sta insegnandomi la vita. Qualsiasi tipo di Maratona ti spetti di portare a termine l’allenamento a superare i tuoi limiti e a tener botta a fatica e infortuni diventa il tuo pane quotidiano. La proiezione di te stesso al traguardo, sfinito ma con le braccia alzate al cielo, linfa da consumare a pacchi per andare avanti ogni santo giorno. E gli agognati 42.195 metri si dissolvono col sudore grazie a voglia, costanza e coraggio che solo Tu puoi metterci.

“Pà ma che cazzo dici? Come stracazzo stai messo?” così mi diresti fossi qui affianco nella tua materia di prima. Hai ragione Papo, sono concetti per perdi giorno… sei la mia Maratona, buona notte!
Papà

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2 Comments

  1. Nell ha detto:

    Ciao Andrea,
    Ho letto molte delle tue lettere e provo a capire come e quanto possa servire pubblicarle, condividerle. Io pur essendo giovane, che oggi anche se gli ‘anta fanno toc, toc alla porta si è sempre ragazzi, non amo i social, non amo regalare e condividere con il popolo della rete pezzetti della mia vita. Eppure mi sembri persona sensibile e sopratutto empatica. Forse allora sono io che sbaglio, che, se quando ad 11 anni mia mamma è finita al di là dell’infinito, avrei chiacchierato col mondo del mio dolore forse oggi non ne porterei ancora le ferite. O forse no. Ci sono tanti modi per esorcizzare il dolore il tuo di oggi è questo. Ma le tappe del dolore sono universali e prima o poi tocca affrontarle tutte, leggendoti, leggendo del TUO Papo, sento che lo stai trattenendo, il tuo dolore….tocca lasciarlo libero prima o poi…tu e lui da solo….come in un epica fantasia dragonesca del tuo piccolo. Ti abbraccio

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