Papà
Ciao Papo,
io non so cosa faccio, non so cosa scrivo, non so perché lo faccio, non so perché lo scrivo.
Ci sono capolavori della natura che se fossi un pittore vorrei dipingere, se sapessi davvero scrivere vorrei raccontare, se fossi un musicista vorrei scriverci una canzone. Ed è un peccato che io non sia niente di tutto questo, perché tu sempre sarai uno di questi capolavori, Papo. Per fortuna lo è tuo padre.
S.
Ciao Andrea, amico mio speciale ma normale. Non so in che modo poterti stare vicino ma non importa… perché siamo tutti quanti una stessa cosa, in uno stesso punto, nel medesimo tempo: numeri primi, tutti uguali, di una cifra immensa, destinati a sommarci, sottrarci e accumularci di continuo, perderci e ritrovarci, prima o poi. Io sono io, tu sei tu, una genetta è una genetta e un sasso è un sasso solo per caso, solo per poco. Ma che ci frega? Mentre continuiamo in quest’eterna trasformazione, proviamo a passarci un Natale sereno tutti insieme: io, te, Papo, Totta e tutti i nostri cari, qualsiasi forma abbiano, compresi il sasso o la genetta, e in qualsiasi punto del grande numero siano in questo istante. Buon Natale Andrea, amico mio normale ma speciale.
M.
Non fermarti mai Andrea…
Ti invidio… io non avrei avuto nemmeno un centesimo del tuo coraggio.
Professare amore è il sogno di tutti ma nessuno lo fa.
Sei un grande e il tuo bimbo su in quel mondo fantastico tra una risata è l’altra sicuramente si ferma ogni tanto e guardando giù insieme ai suoi amici dice… “Vedete quelli sono il mio papà ,la mia mamma e la mia sorellina… hanno capito che non mi hanno perso ed è solo questione di un attimo…”.
Digli di salutare la mia mamma e il mio papà perché mi mancano… mi mancano…
F.
Per favore Andrea non consolare chi ti scrive parlandoti dei suoi problemi perché in testa sua poi così ti senti meno sfigato. Per carità. Continua ad abbracciare la vita, anche se adesso si trascina e un senso al tempo pare che glielo devi trovare tu perché da solo non sa più di niente, ringrazia chi ti dimostra affetto ma “fatti i cazzi tuoi”… se sei in difficoltà ti faccio da segretaria. A parte le vecchiette, il resto te lo sistemo io per le feste… scherzi a parte, prova a dormire un po’. Il solito abbraccio. Notte.
L.
Andrea, sono le 23, ma in Italia sono le 24 e sono sveglio da stamattina alle 3.40. Arrivato in fondo alla tua 123 lettera, aprendo i link, leggo che avevi anche pensato di portare il tuo Papo a Fatima: ebbene io mi trovo proprio a Fatima e ho da poco terminato il Rosario davanti al luogo in cui è apparsa Maria ai tre pastorelli. Nel Rosario ho fatto passare un sacco di gente, tra cui anche te e la tua famiglia.
E ho anche detto alla Madonna: “quello là (che sei tu) vuole un punto di incontro, un’intersecazione, tra l’aldiquà e l’aldilà dell’infinito: eccolo, Maria, sei tu. Sei là, ma ogni tanto vieni qua a cercarci di farci ragionare. Suggerisci a quel grande crapone (sei sempre tu!) che c’è realmente quel che lui desidera e che tu col suo Papo ti stai divertendo un mondo!”.
Be’, buona notte, ho sonno, ma te lo volevo dire.
Ciao. Un abbraccio a te e alle tue donne!
don G.
Andrea, voglio dirti che è straordinario quello che stai facendo. Tu dai voce a ciò che nella comune esperienza è da sempre muto. Tu stai all’esperienza della perdita di un figlio come Ulisse sta alla letteratura: stai esplorando per primo – a beneficio di tutti quelli che ti leggono – un nuovo percorso nell’esperienza umana del dolore e nella possibilità di esprimerlo. Quasi tre anni fa lessi il libro che David Grossman, il grande scrittore israeliano, ha dedicato al figlio morto 5 anni prima. Uno strano, bellissimo libro che, in una originale forma letteraria, prova a raccontare l’indicibile. Lui ci ha messo 5 anni per trovare una forma, delle parole. E nel farlo ha avuto un grande coraggio, che personalmente ho molto ammirato. Non credo che molti altri esseri umani si siano cimentati con il narrare un’esperienza del genere. Mi viene in mente il padre dei 7 fratelli Cervi, trucidati dai fascisti. Ma il suo libro è principalmente il racconto di una storia, la storia dei suoi figli e della loro fine drammatica. Tu stai facendo qualcosa di diverso, qualcosa di impensabile. Tu stai mostrando al mondo ciò che nessuno finora ha mai avuto la forza e il coraggio di mostrare. Tu ci porti con te, tutti insieme da Papo, guidati dalle tue parole e più ancora, dal tuo infinito Amore per lui. Allora ti voglio salutare con le parole di una donna, M. Teresa Abignente, che accompagna da molti anni un gruppo di genitori che hanno perso i loro figli, in un cammino di condivisione. Parole che mi sembrano perfette nel tuo caso. Lei dice: “Non basta una vita per comprendere che nell’amore tutto è vita, anche la morte”.
M.
Papo, meno male che qualcuno me lo ricorda che scrivo sempre e solo per te e per me.
Papà
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