”Diciamo che mi adopero come esca…”

 

Ciao Papo,

oggi voglio tornare a raccontarti delle difese che io e la mamma abbiamo per tenere botta alla tua mancanza.

La prima è il fatto che non abbiamo ancora realizzato in pieno la tua assenza. È come se la nostra percezione fisica, quella che sta al di fuori dei pensieri, quella dei sensi, fatta di vista, tatto, gusto ed udito, quella che quando non stai proprio pensando a qualcosa di specifico ti fa andare avanti sereno, di default, in automatico, ecco ‘sta roba qui dà per scontato che tu ci sia. È un arma a doppio taglio però, perché se da un lato sentiamo senza pensarlo che tu ci sei, dall’altro ogni volta, di continuo dobbiamo realizzare che nella realtà fisica non ci sei più ed ogni volta è una pugnalata nel petto.

La seconda è il senso dell’umorismo che non ci ha abbandonato e ci salva il culo tutti i giorni, più volte al giorno. Quello stesso senso dell’umorismo che i nostri geni e la pratica quotidiana del buon umore facevano di te un bambino divertente, ironico, sagace e splendente! Non siamo andati a ricercarlo con sforzo; è stato molto gentile, naturalmente è venuto lui da noi a darci conforto e ancora quando il tuo corpo in terapia intensiva e io e la mamma eravamo lì affianco, vicino al tuo corpicino, insieme alla speranza anche senso dell’umorismo fortunatamente non ci abbandonava. Se ti abbandona è un casino perché non ti arriva mai quel pensiero, quella intuizione, quel battito d’ali di farfalla che ti fa liberare da tutta la merda che hai dentro e addosso.

La terza sei tu che ci vieni a prendere per mano nel momento di massimo scoraggiamento. Più o meno l’iter dei miei pianti disperati è sempre lo stesso, (ah volevo dirti che di pianto non si muore ma nemmeno di vive, si sopravvive). Per ora, Papo, io e la mamma si sopravvive. Stavo dicendoti il susseguirsi delle emozioni è sempre lo stesso, qualche tuo pupazzetto o vestito o foto per casa o qualche ricordo mi fanno piombare addosso la tua assenza e da qui parte il gioco al massacro. La mente si infila in uno straziante loop senza soluzione di continuità: “Papo è morto. Perché proprio Papo? Non si può morire a dieci anni. Papo non sarà mai più qui con noi. Mi manca Papo. Dov’è Papo? Voglio stare insieme a Papo”. Riscontro che sono tutti pensieri tutto sommato egoistici derivanti dall’assenza fisica, visiva, tattile, olfattiva ed uditiva. Papo era un moto perpetuo e un gran rompi coglioni che riempiva interamente le giornate continuando a parlare, a chiedere di giocare, di fare cose; da un annetto si era anche messo a fare la beat box e quindi nei rari momenti in cui taceva faceva un sacco di suoni e rumori tipo musica elettronica ma fatta con la bocca e col naso. È assordante il silenzio che si sente senza lui. A questo punto del pianto e della disperazione, alla mancanza fisica si somma il dispiacere da genitore per non vederlo crescere e completare la sua evoluzione di essere umano. Devo avere difese immunitarie così alte che almeno mi risparmiano le immagini più crude della sofferenza che la tua patologia ti ha fatto sopportare, alla guerra del Vietnam che i miei occhi hanno dovuto vedere sul corpo di mio figlio. Arrivati

all’apoteosi del supplizio, della merda più feroce dalla quale un essere umano possa essere torturato e lacerato, penso che il passo successivo possa solo essere se scegliere tra la lametta, la corda, un ponte o una fuga di gas e a quell’esatto punto, prima di realizzare la soluzione finale, i pensieri si fanno lucidi, chiari e nitidi. I pensieri, prima ancora di realizzare che ci sono ancora Totta, la mamma e anche la cacacazzi di Luna (il nostro cane), convergono tutti su di te. Sulla tua vita breve ma intensa e sempre felice. Sul fatto che non hai mai sofferto perché almeno questo la tua subdola quanto devastante patologia te lo ha risparmiato. Ogni volta che sei stato male si è solo spenta la luce appena hai perso i sensi, fino alla chiusura definitiva del sipario. All’esempio di Gioia, Allegria, Voglia di vivere e Divertimento che ogni attimo, per dieci lunghi anni, ti sei goduto e ci hai regalato. Se applichi la matematica e il freddo raziocinio e da cinico tiri una somma sono solo illusioni, può essere, ma quelle stesse Illusioni a me e alla mamma ci hanno fatto vivere i dieci anni più Unici, Intensi, Soddisfacenti zeppi di Amore e Gioia della nostra vita. Io e la mamma dobbiamo solo rassegnarci al fatto che dovevi andare presto a far altro in altri tempi e altri spazi, dobbiamo accettare di essere i genitori di un Jimmy Hendrix SuperEroe bambino. Hai attraversato le nostre vite come una meteora e il tempo, solo il tempo ci aiuterà a tenerti per sempre vicino con la Gioia e la Leggerezza che ci hai insegnato a vivere senza accusare troppo la tua mancanza fisica. Una mamma della scuola tua e di Totta ha scritto un libro di avventure di draghi e mi ha chiesto se poteva dedicartelo, nelle ultime pagine del libro ci saranno una serie di tue Mirabolanti battute, te ne ricordo un paio, facciamo tre:

 

Papo: “Vado a cantarvi ‘sta canzone in cameretta che qui davanti a voi mi imbarazzo.” La sorellina Totta: “Ancora con ‘sta storia dell’imbarazzo? Come quando non ti facevi vedere per casa in pigiama!”. Papo: “Ehi, sto provando a guarire dall’imbarazzo, pensa che prendo delle medicine!”.

 

Il papà: “Papo racconta ai nonni che spettacolo quella sera che c’era tutto il prato pieno di lucciole che sembravano le luminarie di Natale, anche gli alberi erano illuminati, il vialetto… dai, diglielo Papo!” Papo: “Se evitavi di dire tutto tu, avrei potuto raccontarglielo…”.

 

Papo si aggira per il giardino con una scatolina trasparente. Il papà: “Che fai Papo con quella scatoletta?”. Papo: “Catturo formiche, ragni e zanzare!”. Il papà: “Anche le zanzare? E non ti pungono?”. Papo: “Beh, diciamo che mi adopero come esca…”.

 

E la dedica, per quel che noi da questa parte dell’infinito possiamo far riecheggiare nella storia dei secoli farà così:

 

Papo (Jacopo Pilotta) è stato il più valoroso e divertente tra i SuperEroi. Ora che è dall’altra parte dell’infinito si diverte a correre, saltare e far perdere le proprie tracce: un mese è il tasso, quello dopo fa la tigre e poi forse il delfino, o l’onda. Di sicuro è diventato quel qualcosa di potente e misterioso che muove le maree, l’istinto e la bellezza degli animali.

 

Sei l’Amore più Grande di Sempre, Piccolo mio e quanto mi manchi non lo sa né il cristo, né la madonna, né allah, né buddha, né gli gnometti e le fatine nel bosco, né la pozione magica della Lasagna di nonna. Ci sentiamo presto, ho oltre modo bisogno di stare insieme a te almeno scrivendoti.

Papà

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