Uno che ne vale per un miliardo
Ciao Papo,
ma perché sei morto proprio tu? “Condoglianze” non si può sentire ma “Morto” è una parola vera, onesta, parificatrice, senza fronzoli, che non dà scampo, lascia senza parole e senza fiato, è la parola giusta, non ci sono troppi cazzi… “Jacopo è morto”. Quanto pesano le parole, quanto fanno ridere, quanto fanno riflettere, quanto vengono ben usate, quanto vengono abusate e sprecate. Proprio come mi hai detto una volta tu in vena di confidenze: “Ok, a scuola la più carina della mia classe è … però dice sempre “di fatti”. “Di fatti” non si può sentire! Non lo direbbe nemmeno uno sgabello se parlasse…”.
La gente mi prende quasi per un Guru, ma quale Grande Saggio… se moriva a loro un figlio e il mio restava vivo, ero enormemente più contento, per mio figlio, per sua sorella, per mia moglie, per me e per tutta la mia famiglia. Magari cazzo fosse potuto morire qualche altro bambino al posto di Papo. Ma la vita non è un tiro al bersaglio… come dicevi tu, Papo, dopo la tua sincope ad Amsterdam, quando è morto Davide il Drago: “Papà ma Davide è morto perché mi sono salvato io?”. Come il nonno che ha passato le due notti mentre il tuo corpo era in ospedale implorando il suo dio che prendesse lui e lasciasse vivo te perché tu eri un piccolino innocente. Papo che se ci pensi al nonno, grande e grosso com’è, in ginocchio sul letto a piangere, pregare e implorare, fa anche ridere ma la vita non è una permuta un tot al chilo… a te sicuro avrebbe fatto ridere e altro che “Ciuccellone” gli avresti detto al tuo caro e amato Nonno. Adesso con chi va a pescare il nonno? Ogni tanto, Papo, pensando alla nostra storia mi viene in mente la scena iniziale di “Scemo e più scemo 2” quando Jim Carrey da vent’anni catatonico in sedia a rotelle si alza e svela al suo amico di sempre che è solo uno scherzo. E il suo amico gli domanda: “Ma non potevi farlo durare 5, 10 o 15 anni? 20 anni sono lunghissimi!”. Questa scena ti colpiva molto, ragionavi su quegli interminabili vent’anni per portare a compimento uno scherzo che se non si fosse protratto per tutto quel tempo, non avrebbe avuto la stessa resa. Chissà quanto durerà il nostro “scherzo” Papo.
Ma quale Guru… ma che cazzo di pensieri fa la gente!!? “Con i tuoi racconti direttamente dall’Infinito e Papo ispiratore mi fai cominciare ogni giorno con il cuore gonfio di ringraziamenti per quello che ho e non mi accorgo. Ce la fai sempre, anche quando non ce la fai più. Grazie…”. Mi contengo nella risposta: “Solo potessi fare a cambio con qualcuna di voi e riaverlo indietro… smetterei di scrivere per sempre. Voi altre comunque imparate a baciarvi molto più spesso il culo lussandovi il rachide!”. Capisco quello che vuol dirmi la gente e poi per carità sono io il primo a rendere pubblici i miei pensieri perché nell’immediato del quotidiano alcuni messaggi che mi tornano indietro sono gocce di coraggio per tenere duro e andare avanti. Ma quello che scrivo, se da un lato è così radicato nella semplicità spiccia propria di una famigliola, dall’altro è molto di più di io, te, mio figlio, tuo figlio. È una storia che va oltre la mappatura del DNA e quel fottuto gene mutato, uno su centinaia di miliardi, che ti ha reso Unico e inspiegabile sia alla Scienza sia alla Fede. Una storia che straborda dai confini dello spazio e abbatte i limiti del tempo per catturarne tutti i momenti spensierati e felici vissuti insieme e riviverli in Eterno. La storia di un figlio e di un padre, la storia di quel nucleo così semplice e complesso che è una famiglia. Carezzo il tuo viso sulle foto appese sul muro lungo le scale e nel monitor di pc e telefonino ma non sono morbide come le tue guance. Mi manchi Papo. Forse per la mamma è ancora peggio perché le sei stato nel grembo, perché ti ha allattato, perché ti ha curato e tenuto addosso molto più di me, ma a me manchi da stare male, da morire. Sei mio figlio; il mio miglior amico; quello per cui ogni giorno c’era da vivere una nuova sfida; il mio Comico preferito; il mio ragazzo che stava cominciando a diventare grande. La mamma e Totta mi isolano un po’, no, non è giusto dire così, sono io che mi isolo, tra loro due, sono donne, c’è più intesa, l’altra coppia, quella che a me dava più emozione, eravamo io e te. Mi sento tanto solo senza di te, Papo. Pensavo che se ti fosse successo qualcosa e fossi morto io avrei mollato tutto e sarei diventato un barbone, un senza tetto, tutto mi sarebbe crollato addosso e così avrei voluto vivere, tra le macerie, ma non mi è possibile fare nemmeno quello perché ho un’altra figlia e una moglie. Da quando non ci sei più dormiamo in tre nel lettone, l’intimità già precaria tra me e la mamma è stata completamente rasa al suolo. Poco male, passerò i prossimi quarant’anni di vita da eunuco, fosse questo il problema. Cambiamo il camper col quale hai girato tutta l’Italia e mezza Europa? Cambiamo la macchina che avevi scelto tu per i tavolini e le tendine nei sedili posteriori? Cambiamo casa, quella in cui sei nato e cresciuto? Cambiamo lavoro? Quello che ci ha sempre garantito di poter vivere bene. Il cabaret ormai l’ho mollato da quasi due anni, dai tuoi penultimi patatrac… cambiamo abitudini? Io non riesco manco più a guardare i film da quando non ci sei tu. È dura fare le tutte le stesse cose di prima senza di te. È prematuro prendere qualsiasi decisione, anche il suicidio, anche perché da suicida sarei solo un pusillanime e non arriverei mai lì dove tu sei andato con Incommensurabile merito. Stai tranquillo, Papo, perché questo pensiero proprio non ha mai nemmeno sfiorato la mia mente, probabilmente perché ci sono Totta, la mamma, la scassa balle di Luna, tutta la famiglia e tutti i nostri amici. C’è un gran margine per trovare un senso e vivere. Forse faccio yoga, forse pugilato, forse vado a correre, probabilmente faccio un giorno uno, un giorno l’altro e un giorno l’altro ancora, come stai facendo tu, io ho bisogno di sfogarmi e di rilassarmi. Sicuro ho un Grande Sogno: voglio che la tua storia diventi un bellissimo libro e un bellissimo film di successo. È per questo lavorerò costantemente ogni giorno ed ogni notte.
Eh Papo, ah, vuoi sapere come sta Totta? Totta si è iscritta in piscina il giovedì con i cuginetti. E poi Totta, oltre a tutti noi che le facciamo cerchio intorno, ha maestra Musa. Ancora quando il tuo corpo era in ospedale io e la mamma pensavamo “Menomale che Totta ha la sua maestra Musa!”. Ci messaggia ogni giorno e ci aggiorna su come vede Carlotta. Un paio di giorni fa le ho scritto: “Grazie Musa! Noi pensiamo che Totta è proprio fortunata ad averti come maestra. Quando Totta parla di te con gli occhi a cuore io, per scherzare, dico che piace tanto anche a me la maestra Musa perché oltre ad essere fantasiosa, romantica e poetica è anche una bella ragazza! Devi vedere come si incazza… “È la mia maestra e tu hai già la mamma!” e Nik le rincara la dose: “Ma per la maestra Musa possiamo fare un’eccezione e papà può fidanzarsi anche con lei!” e Papo: “Anche io voglio una maestra così bella e gentile che mi abbraccia e mi dà sempre 10!”. Ha riso Musa e anche lei è un pezzo che si è aggiunto alla nostra famiglia. La nostra famiglia, Papo, si è molto allargata da quando sei andato altrove nell’infinito, anche perché per colmare la tua assenza non bastano miliardi di persone.
Ciao Bellissimo, divertiti come un matto!
Papà
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