Il mio cervello non è mai stato così lucido, in questi giorni ne abbiamo provate, sentite e viste di ogni e oltre l’immaginabile, compreso il report di gradimento del servizio delle onoranze funebri, e io e la mamma non abbiamo mai perso le staffe e il controllo un solo secondo. Ma noi esseri razionali che abbiamo bisogno di portare avanti una famiglia e un lavoro, abbiamo bisogno di prove scientifiche e tangibili. Non basta quanto mi fa stare bene stare lì con il Ponte e te, Papo; non basta che io per giorni e giorni mi porti dentro una serenità e una speranza che non sia tutto finito; non basta che a me ’sta cosa fa stare tanto bene anche se fosse tutta un’enorme cazzata. L’unica soluzione è pensare, anzi credere che non sia tutto qui. Non è tutto da questa parte dell’Infinito, e io ci credo perché Credo in te, Papo. Tutte le religioni credono a modo loro che sia così. La cosa divertente è che cattolici, testimoni di Geova, musulmani, ebrei, buddisti della vecchia tradizione e buddisti Nam-myoho-rengekyo, praticanti di yoga, visionari, ricercatori di anime, atei, tutti insieme, a oggi sono almeno svariate decine di migliaia di persone, hanno pregato, pregano e pensano a e per te. Quindi, ovunque tu sia e qualsiasi cosa tu sia, hai le migliori benedizioni di tutti. Tu che credevi nel Big Bang, nell’evoluzione della specie, nella reincarnazione. E ti affascinava Gesù.
Un giorno – avrai avuto sei o sette anni – avevi chiesto a Mamma: «Mamma, guardiamo un film sulla storia di Gesù?». Mamma, stupita: «Va bene, ma come mai vuoi vedere un film su Gesù?». E tu: «Eh, perché devo vedere come si fa a camminare sull’acqua che ci devo provare anche io».
Sai, Papo, ho incontrato due persone di due fedi lontane e diverse tra loro che per mi hanno dato lo stesso insegnamento. Un Lama tibetano mi ha detto che quello che avrei dovuto fare secondo la tradizione millenaria buddista è molto simile a quello che a me innatamente è venuto spontaneo fare dopo la tua morte terrena: ricordarti, onorarti, festeggiarti, piangerti anche, ma senza disperazione, senza scene strazianti, continuare a vivere come se fossi ancora qui con noi, perché tutto questo fa bene a noi, a te, alla tua memoria e alla tua prossima reincarnazione. Ma anche don Giovanni, un prete cattolico, mi ha detto lo stesso. Sai, andavo da lui all’oratorio quando ero piccolino. Mi ha scritto, anzi ti ha scritto: «E così in tuo papà è emersa la certezza che tu vivi, non si sa come ma vivi, che c’è ancora la possibilità di amarvi. La certezza che non è vero che si muore e basta. Ma tuo papà dice continuamente un’altra cosa importante: a vincere la morte è l’Amore. La consapevolezza di essere tuo padre lo stringe ancor più a te, a Totta, a tua madre Nik; e poi agli amici, a conoscenti e ignoti lontani. E nasce il desiderio che l’altro mondo possa toccare e mostrarsi in questo nostro misero mondo. Ci deve essere, scriveva tuo padre, un punto di tangente in cui le orbite dei due mondi s’intersecano. Ci deve essere un punto di intersezione dell’al di qua dell’Infinito con l’al di là dell’Infinito, come li chiama tuo papà. Un toccarsi delle due parti al di qua e al di là dell’Infinito? Di questa cosa io sono convinto».
Sai, Papo, non so se tu l’avevi già capito, penso di sì e non ti andava troppo a genio, io lo sto realizzando adesso: la vita è fatta di spazi. La nostra società moderna li rende per lo più a compartimenti stagni. Spazio lavoro, spazio scuola, spazio casa, spazio amici, spazio sport, spazio vacanze e via a inscatolare spazi ben delimitati che si sfiorano ma non si toccano, anche se l’esistenza è un Tutto, non dei sottoinsiemi per apprendisti matematici. I tuoi erano lo spazio del tuo posto sul divano, lo spazio di tutti i tuoi personaggi Lego sulle mensole in cameretta. Lo spazio sempre più ridotto sui muri per appendere i disegni tuoi e di Totta.
Da quando tu non sei più con noi, il mio spazio è sempre e solo uno: Papo. Papo non c’è più, Papo mi manca, Papo manca a Totta, Papo manca alla Mamma, Papo manca a tutti, Papo è morto. Penso anche che tu non sia più qui con noi per una questione di spazi. Lo spazio che separava il bar dove facevi colazione e il nostro camper. Lo spazio tra il camper e la reception per chiedere soccorsi in quell’ultima nostra corsa disperata. Lo spazio tra campeggio e ospedale in quella volata in ambulanza. Lo spazio tra la tua voglia di fare, la tua gioia di bambino e la tua anima limpida rispetto a quello che il tuo cuoricino poteva dare, lo spazio ipertrofico di quel setto nello spazio ristretto del tuo cuore. Lo spazio vitale che ognuno di noi ricerca e rivendica. Lo spazio di gioia e spensieratezza che fa stare bene Totta. Lo spazio indefinito tra quando ridiamo a crepapelle e un istante dopo scoppiamo in un pianto inconsolabile. Papo, sei riuscito pure a fermare il tempo e lo spazio, hai distrutto i limiti imposti da questi vani ma così determinanti spazi, e gioia e dolore si fondono in un tutt’uno che è la nostra vita di questi giorni.
Ecco cosa sei, Papo: un Miracolo d’Amore, questo sei! Grazie per avermi concesso di essere il tuo…
Papà
Tratto da “La Rivoluzione d’Amore” https://www.garzanti.it/libri/andrea-pilotta-la-rivoluzione-damore-9788811673927/ il Libro ispirato alle Lettere a Papo che non contiene le Lettere a Papo bensì è un Romanzo epistolare che racconta la Storia di Papo SuperHero, il Bambino più Coraggioso della paura.